“Mi hanno ucciso lasciandomi vivo”. E’ questo il grido disperato di Ignazio Cutrò, un piccolo imprenditore edile di Bivona, in provincia di Agrigento, che da 20 anni lotta contro mafia e burocrazia. Sì, da 20 anni, da quando ha deciso coraggiosamente di ribellarsi allo strapotere dei clan che volevano prendere in mano la sua azienda. Da allora la sua vita è cambiata drasticamente: lo stato ha dovuto proteggerlo dalla vendetta dei boss, ha dovuto chiudere la sua azienda e ha visto bussare alla sua porta le banche che chiedevano il rimborso di prestiti che lui ormai non poteva più onorare. Un vortice in cui è entrato solo per il suo coraggio e la sua onestà. La storia di Ignazio Cutrò sconvolge, ma colpisce principalmente per la dignità, la forza di un uomo semplice che da un giorno all’altro, per una scelta di giustizia, viene risucchiato in un vortice. Una scelta, quella di Ignazio, che ha coinvolto tutta la sua famiglia. La moglie che lo segue ad ogni passo per dargli forza, la figlia costretta ad emigrare perché nessuno le dà lavoro, il figlio che voleva continuare il sogno del padre, ma anche lui costretto a fermarsi. Ma la cosa che fa più paura è la solitudine di questa famiglia che combatte quotidianamente la battaglia contro i soprusi della mafia e una soffocante burocrazia. Ignazio forse si chiede spesso chi glielo ha fatto fare, lui che era un piccolo ma benestante imprenditore che è poi finito in un tritacarne per il suo alto senso della giustizia. Forse questa domanda, anche se lui non lo ammetterà mai, lo accompagnerà per tutta la vita. Ma lui la risposta se l’è già data continuando a lottare, a lottare ogni santo giorno.
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